E’ passata una vita dall’ultimo post, mi dipiace.
Questi cambiamenti ai quali accennavo sono stati così repentini da togliermi il fiato e così pressanti da impedirmi anche solo di pensare a un computer.
Ho trascorso le ultime tre settimane a lavorare in una fabbrica che produce cartelline e nell’ormai solito ristorante come lavapiatti.
Operaio e lavapiatti, le basi fondanti del più classico dei processi migratori moderni.
La mattina a seguire un bel macchinario dedito ad applicare piastrine mettalliche alle suddette cartelline, con una malsana passione per gli inceppamenti. Il pomeriggio e la sera al ristorante fino a tarda notte a volte, con conseguente incazzatura per la perdita dell’ultimo autobus e dormita rannicchiato tra i tavoli.
In fabbrica il lavoro si è esaurito, non è più richiesta la mia presenza per muovere leve, premere pulsanti e chiudere scatoloni. Peccato. Ci avevo preso gusto a lavorare con tre colleghi, palesemente alcolizzati, dai nomi australianissimi di Randall, Scott e Paul. Si prova un sottile piacere a chiamare il proprio collega operaio Randall (pron. rWendal) come visto in tanti film.
Al ristorante invece le cose procedono bene. Sempre di corsa, senza nemmeno il tempo per annoiarsi un secondo. Accennavo alle notti dormendo tra i tavoli, a dir la verità di dormire tra i tavoli è successo solo una volta, nelle altre occasioni mi è capitato di dormire con la testa sul tavolo, nella dispensa, nella quale sono stato svegliato da simpatici squittii nel cuore della notte, oppure insonne al tavolino di un McDonald.
L’ultima e unica volta che ho veramente dormito nascosto in un angolo del ristorante, sono stato svegliato da un potente urlo alle ore 4.50am proveniente dalla mia baritonale cuoca, la quale, senza sapere che fossi sdraiato nella sala buia, si era recata al lavoro per le pulizie mattutine e mi aveva creduto morto...
Senza spiegare che avevo perso il bus, ho finto di aver avuto un colpo di sonno al termine del turno di lavoro, di essermi cambiato, di aver sistemato lo zaino a mo’ di cuscino, di aver spazzato per terra, di aver preso una felpa come coperta, il tutto in una eterna frazione di secondo mentre crollavo sopito.
Ora che il lavoro in fabbrica si è concluso, ho deciso con il mio compagno di avventura Fabiano di andare alla volta delle fattorie dell’outback, dove ci aspetta una succulenta cultura di mandarini, non prima di aver trascorso il prossimo weekend a un surf camp per imparare i rudimenti di questo sport.
Stay tuned (perche i cambiamenti non sono ancora finiti)
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