domenica 18 marzo 2012
Punti fermi
Mentre preparavo le risposte ai vari commenti del post precedente, mi sono reso conto che potevano essere unite creando qualcosa di nuovo.
Quindi questa è anche una risposta a tutti quelli che mi hanno scritto.
Nella condizione particolare che è il viaggio è necessario imparare a raccogliere tutti i beni che possono servire all’interno di uno zaino. Allo stesso modo è necessario comprimere tutta la componente emotiva-relazionale all’interno di sè. E’ un grande sforzo di selezione, di memoria, a volte doloroso sia per chi lo fa che per gli altri.
A volte ci si aiuta con oggetti dal valore simbolico, così come i giovani militari in guerra portavano una fotografia della propria fidanzata, oppure anelli, lettere, sciarpe o qualunque altra cosa rappresenti il mondo distante di cui abbiamo fatto parte.
I tempi sono cambiati, attrezzi ultratecnologici hanno sostituito sfuocate fotografie e internet le lettere di parenti e amici lontani; tuttavia non è cambiata la necessità di racchiudere dentro di sè tutto quell’universo.
In questo modo si diventa il proprio stesso cardine, per quanto itinerante, sul quale fare affidamento ed al quale attingere nei momenti di bisogno. Tuttavia, perchè questo sia efficace, è necessario avere piena fiducia in se stessi e questo è un altro paio di maniche.
Lontani da tutto e tutti si capisce quanto realmente ci si conosce, scoprendo qualcuno diverso dalla rassicurante situazione abituale. Anche gli animali, fuori dal proprio territorio provano un senso di timore arrivando a trasformarsi come Hyde per Jekyll.
Si sperimenta, ci si stupisce e poi ci si accetta, si scoprono cose rivoluzionarie, arrivando a mettere in dubbio quelle che si credevano certezze del proprio carattere. In questo modo quella che tra le mura del proprio habitat era la rassicurante concatenazione di causa/ effetto dei propri ragionamenti viene meno, provocando uno scompenso nelle proprie certezze.
Fortunatamente la più spettacolare capacità dataci dalla Natura è la capacità di adattamento: nel giro di poco l’instabilità diventa un nuovo tipo di routine, in costante evoluzione, è come acquisire una sensazione di equilibrio su una barca mossa dal mare grosso, si imparano ad accettare le novità del proprio Io, ma soprattutto si impara a concepire il cambiamento come una costante, ossimoro che forse spiega meglio di ogni altra frase quello che è il mio pensiero.
E’ questo ossimoro che rende tanto stimolante il viaggio: cambiamento come routine, novità come rassicurante certezza.
Ci sono persone che si ammalano di questa condizione, non ne possono più fare a meno: per quello che mi riguarda è una sensazione che ho già sperimentato quando ho iniziato a lavorare come fotoreporter, 5 anni fa: l’anomalia era diventata la normalità, l’evento spettacolare la quotidianità, l’incontro con personaggi eccellenti un’abitudine, rendendo pericolosamente noiosa la semplice vita quotidiana.
Adesso riprovo quelle stesse sensazioni e come tanti viaggiatori che sto incontrando, comincio a preoccuparmi che il bisogno di novita' sia ormai diventato un'inguaribile malattia anche per me.
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un'analisi molto interessante, che necessita di una una riflessione attenta. penso tu abbia colto l'essenza..grazie anche per me
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